Un uomo senza nome trascorre la sua vita lavorando come meccanico, stuntman e autista per rapinatori; il fil rouge che unisce le sue occupazioni pressionali è la sua straordinaria abilità alla guida di un'automobile.
La sua completa indifferenza verso il resto dell'umanità lo rende immune dall'abietto ambiente di criminali, faccendieri e malavitosi da cui è circondato. Ma quando lascerà entrare la sua vicina di casa, le sue barriere emotive crolleranno, e per amore si troverà coinvolto in una vicenda che potrà essere risolta solo con scelte -e violenze- estreme.
Lo sviluppo della trama segue gli schemi classici dei film d'azione, ma la vera qualità del film è nel lavoro sull'immagine, nei dialoghi rarefatti, sciolti nelle musiche ossessive, nella profondità oscura dei dedali in cui si addentra.
Come nel precedente Bronson, Nicolas Winding Refn affida alla luce il compito di enfatizzare le connotazioni psicologiche dei suoi protagonisti, di percorrere e modellare le loro scanalature. Ma se il maniaco criminale Charles Bronson emergeva dal buio vestito da Pierrault per esplodere in tutta la sua grottesca e muscolare follia, l'anonimo protagonista di Drive è avvolto da una costante, silenziosa penombra, corifeo delle sue sottaciute voragini emotive.
La luce - completa, irreale, assolutoria - lo inonderà solo nel momento della catarsi finale: e infine, nel suo corpo martoriato splenderà, indulgente, vita.
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